Allenamento senza ostacoli: un solo cavalletto può insegnare più di un percorso completo. Gli esercizi semplici restano i più formativi.
Il vero salto non è sopra l’ostacolo. È prima. Cosa succede se togli l’ostacolo, ma lasci il cavalletto?
Succede che resta l’essenziale.
Resta il ritmo. La traiettoria. L’intesa.
Resta quell’attenzione piena e silenziosa che trasforma un esercizio semplice in una lezione profonda per cavallo e cavaliere.
Nell’era delle performance e delle altezze, è il momento di chiedersi: abbiamo dimenticato il valore delle basi?
Il fascino (a volte sottovalutato) dei cavalletti
Gli esercizi con i cavalletti sono spesso visti come “roba da principianti” o, al massimo, un riscaldamento prima di iniziare sul serio.
Ma chi monta con attenzione – e umiltà – sa che con un solo cavalletto ben posizionato si possono insegnare (e imparare) più cose di quanto farebbe una linea di tre oxer da 1.20 m.
Il cavalletto è un educatore silenzioso. Non punisce, ma nemmeno perdona. Ti dice, senza parlare, se il tuo cavallo è in equilibrio, se il galoppo è regolare, se sei in grado di “leggere” la distanza senza forzare nulla.
Ne parla Ingrid Klimke
Nel libro Cavalletti, Ingrid e Reiner Klimke descrivono l’esercizio del salto in cerchio con quattro cavalletti equidistanti.
All’apparenza semplice, in realtà è una delle più potenti forme di allenamento senza ostacoli veri e propri.
Serve concentrazione, ritmo, controllo della traiettoria e della flessione, sensibilità nelle transizioni interne al galoppo.
L’obiettivo? Educare il cavallo a muoversi in equilibrio e armonia, e il cavaliere ad accompagnarlo con coerenza.
Non c’è bisogno di altezza. C’è bisogno di precisione.
La falsa idea del “più difficile”
C’è un’idea molto radicata, quasi culturale, nell’equitazione sportiva: più l’ostacolo è alto, più sei bravo.
Ma la verità è che lavorare bene con un cavalletto richiede più attenzione che superare un ostacolo in velocità e potenza.
Il cavallo non può “risolvere” con un balzo energico. Deve contare su equilibrio, coordinazione e relazione con il cavaliere.
E il cavaliere non può barare: ogni errore si amplifica, perché manca l’”effetto scenico” del salto.
In un esercizio come il lavoro in cerchio, cavallo e cavaliere imparano a gestire lo spazio, senza scorciatoie.
Perché un cavalletto educa meglio di un ostacolo
- Ti obbliga a trovare il ritmo: senza potenza, il tempo diventa fondamentale.
- Non inganna: se l’andatura è sbilanciata, lo noti subito.
- Richiede precisione nel gesto e nel pensiero.
- Costruisce la fiducia, senza generare paura.
- Allena la mente prima ancora del corpo.
Inoltre, ha un impatto minimo sul fisico del cavallo, il che lo rende perfetto per la preparazione mentale del cavallo, soprattutto nei giovani o nei soggetti in recupero.
Il cavallo capisce, anche se tu non parli
Lavorare con i cavalletti vuol dire imparare un’altra lingua.
Ogni deviazione, ogni accelerazione, ogni passo in più è un messaggio.
Non si tratta solo di “andare sopra qualcosa”, ma di creare un dialogo dinamico in cui entrambi gli interlocutori imparano a fidarsi.
E questo, più di qualsiasi medaglia, è il cuore dell’equitazione.
Hai già tutto. Ti serve solo un cavalletto.
Prima di pensare al percorso, alla gara o al punteggio… torna al cerchio, ai quattro cavalletti, alla semplicità.
Scoprirai che ogni piccolo ostacolo è un maestro. E che ogni esercizio di base per cavalli può contenere tutta la complessità che cerchi.
Vuoi approfondire? Il libro “Cavalletti” di Reiner e Ingrid Klimke offre esercizi concreti, spiegazioni chiare e una filosofia di lavoro che mette il cavallo al centro. Questa nuova edizione italiana riporta gli aggiornamenti ultimati nei primi mesi del 2018. Uno “speciale” su come affrontare le gabbie e uno sulla sequenza dei movimenti al galoppo in circolo. 201 foto e 25 illustrazioni a colori. Lo trovi qui:
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