cavalla da sella

Cavalla da sella: creatura sensibile o capricciosa? Verità, leggende e istruzioni per l’uso

Cavalla da sella: è davvero più difficile o è solo una leggenda da scuderia? Carattere, gestione e verità oltre i luoghi comuni.

“Non montare quella cavalla, oggi ha la luna storta.”
Chiunque abbia passato abbastanza tempo in una scuderia ha sentito questa frase o sue varianti. La cavalla da sella si porta dietro una fama che la precede: imprevedibile, lunatica, persino vendicativa. Ma quanto c’è di vero in questa narrazione? Siamo di fronte a un caso di sessismo equino o a una realtà biologica fraintesa? Mettiamo sella alla questione.

Quando l’etologia incontra i pettegolezzi di scuderia

Nel mondo dell’equitazione, parlare del carattere della cavalla da sella è un po’ come discutere di astrologia nei paddock: c’è chi ci crede, chi la evita, e chi non ne vuole sentir parlare. Eppure, da un punto di vista etologico, alcune osservazioni hanno un fondamento. Le cavalle, a differenza dei castroni (spesso più “lineari” nel comportamento), mantengono il loro assetto ormonale naturale. Questo significa che il ciclo estrale può influenzare il comportamento della cavalla, rendendola più sensibile agli stimoli, meno concentrata o più reattiva.

Ma attenzione: più sensibile non vuol dire “più difficile”. Significa che il cavaliere – o meglio, il partner – deve saper ascoltare e adattarsi. E questa, diciamocelo, è una lezione utile in ogni ambito della vita.

“Mare-itudine”: stereotipo o scorciatoia mentale?

L’anglosfera ha coniato un termine emblematico: mare-itude, ovvero l’atteggiamento stereotipato della cavalla difficile. Ironico, certo. Ma anche rivelatore. In fondo, non è forse più facile etichettare un comportamento che non si comprende, piuttosto che imparare a leggerlo?

Molte cavalle etichettate come “lunatiche” sono in realtà cavalle sensibili, intelligenti, attente. Reagiscono male agli stimoli troppo forti, agli aiuti grezzi, alla disattenzione. In cambio, però, possono offrire una connessione profonda e una collaborazione intensa – a patto che chi le monta rinunci alla logica del comando e abbracci quella del dialogo.

Differenze tra cavallo e cavalla: una questione di stile (non di genere)

Esiste davvero una differenza tra cavallo e cavalla nel lavoro quotidiano? La risposta breve è: sì, ma non come si crede. Mentre molti stalloni possono risultare dominanti o distratti, e i castroni più “pacificati”, le cavalle hanno una marcia in più quando si sentono comprese. Richiedono un approccio più fine, un’attenzione costante, una disponibilità a entrare nel loro mondo.

E per chi è disposto a farlo, la cavalla da sella si rivela spesso un’atleta eccezionale, capace di dare il massimo con dedizione, precisione e cuore.

Come gestire una cavalla (senza perderci la pazienza – o la faccia)

Gestire una cavalla non è un problema. È un’arte. Ecco alcuni principi che ogni cavaliere dovrebbe tatuarsi nella memoria:

  • Ascolta prima di chiedere. Le cavalle comunicano moltissimo con il corpo. Impara a leggere i segnali prima di forzare una risposta.
  • Sii coerente ma non rigido. Se oggi ha meno voglia di lavorare, lavora su esercizi più leggeri o sul legame, non sulla performance.
  • Attenzione al ciclo. Se noti cambiamenti regolari nel comportamento, considera la possibilità che sia legato al ciclo estrale. In alcuni casi può essere utile un consulto veterinario.
  • Tocco leggero, mente aperta. Aiuti troppo forti o invadenti peggiorano il problema. Le cavalle sensibili rispondono meglio alla precisione che alla forza.
  • Routine, ma non monotonia. La prevedibilità rassicura, ma la noia irrita. Alterna il lavoro con esperienze stimolanti: un’uscita, un esercizio nuovo, un giorno di riposo vero.

E se il problema fossimo (anche) noi?

Molto spesso, ciò che viene letto come “problema di carattere” è in realtà una dissonanza relazionale. Pretendiamo che la cavalla risponda come un robot, ma lei non lo è. Non è nemmeno un castrone, con i suoi ritmi costanti. È un essere vivente con un assetto ormonale attivo, un passato, e magari anche una memoria lunga.
Gestire una cavalla diventa allora un esercizio di empatia. Di attenzione. Di vera leadership – quella che non urla, non tira, non impone. Ma guida.

La verità? Le cavalle non sono più difficili. Siamo solo meno abituati ad ascoltarle.

Forse il mito della cavalla lunatica dice più su di noi che su di loro. È comodo archiviarle come complicate, invece di mettere in discussione il nostro modo di relazionarci con l’animale. Ma nel momento in cui abbandoniamo le etichette e iniziamo davvero a lavorare con la cavalla – non contro di lei – scopriamo che sotto la superficie “capricciosa” c’è spesso un potenziale incredibile.
Più che una sfida, una relazione da costruire. E se ci pensi, è proprio questo che rende l’equitazione un’arte, e non un meccanismo.

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