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La desensibilizzazione d’urto funziona davvero?

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La desensibilizzazione d’urto non aiuta il cavallo a ignorare oggetti paurosi e l’ansia che gli si fa provare lo induce a temere altri aspetti della situazione.

Lo stile di vita dell’uomo, veloce, frenetico, rumoroso, mutevole, si rispecchia nella formazione dei cavalli che sin dalla più tenera età devono imparare ad avere a che fare con una varietà di stimoli. Trailer, rimorchi, auto, equipaggiamenti, sacchetti, cani che abbaiano, gatti che saltano sugli alberi, bambini che corrono e diversi cavalieri sono solo una parte della vita di una cavallo moderno. In tutto questo la parola “desensibilizzare” sembra quasi la formula magica in grado di creare le condizioni ottimali per dare una formazione specifica e rendere il cavallo capace di gestire qualsiasi stimolo. Ma cosa vuol dire “desensibilizzare”? Desensibilizzare vuol dire sottoporre il cavallo a un processo che lo mette nella condizione di  ignorare gli stimoli innocui ma che lui considera paurosi; in particolare estingue la risposta emotiva agli stimoli che prima la inducevano. In effetti se ci si basa solo sulle definizioni non c’è da meravigliarsi che il mondo equestre abbia “abbracciato” i principi della desensibilizzazione. Molte persone immaginano un cavallo desensibilizzato come un animale completamente non reattivo a qualsiasi stimolo esterno, che ignora tutto tranne i segnali dati dal suo cavaliere a cui dovrebbe rispondere in modo istantaneo e preciso. Già detto così rappresenta una contraddizione in termini perché ci si aspetta un cavallo non reattivo e reattivo contemporaneamente .
La desensibilizzazione può essere praticata o come desensibilizzazione d’urto che consiste nell’esporre ripetutamente e in maniera vigorosa il cavallo ad uno stimolo pauroso; o come desensibilizzazione progressiva che consiste nell’esporre il cavallo, in maniera graduale, allo stimolo pauroso.
In questo articolo si parlerà solo della desensibilizzazione d’urto e si spiegheranno gli effetti nocivi che ha sul cavallo (l’obiettivo, naturalmente NON è quello di “incoraggiarla” ma di spiegare che è SBAGLIATA e scoraggiarne il suo utilizzo spiegando i meccanismi che ha alla sua base).
Innanzitutto la desensibilizzazione d’urto vuole il cavallo (o qualsiasi altro animale ma anche persona) in una condizione in cui non gli sia data la possibilità di scappare altrimenti lo ricorderà sempre e ripeterà il tentativo di fuga; inoltre si deve prestare attenzione a non considerare troppo presto concluso il processo ed è essenziale che lo stimolo sia ripetuto bene finché non si raggiunge il punto di abitudine. Ma come funziona nella pratica? Un esempio può essere la desensibilizzazione al sacchetto di plastica. Per insegnare al cavallo a ignorarlo (secondo i principi della desensibilizzazione d’urto) si dovrebbe legare un sacchetto di plastica alla sella o al fascione e  lasciare il cavallo libero nel tondino. Naturalmente l’animale galopperà disperato, calciando, sgroppando, roteando, fino a fermarsi probabilmente sudato e affannato, ma non correrà più e sembrerà che abbia accettato la presenza di quell’oggetto strano. Missione compiuta.
Tale situazione NON è una tecnica di addestramento. Portare il cavallo ad una simile soglia della paura non risolve nessun problema, al contrario ne crea altri e sicuramente di peggiori. È vero: il cavallo non risponde più al sacchetto che tiene legato addosso e se, in qualche modo è riuscito a non farsi male, non è più reattivo a quell’oggetto in particolare. Ma quello che è realmente successo è che il cavallo, esausto mentalmente e fisicamente, ha deciso di “arrendersi”. Ad un certo punto si è reso conto che non era in grado di fuggire e che quindi doveva semplicemente smettere di provare. L’atteggiamento è definito “impotenza appresa” (learned helplessness) ovvero un processo che deriva dall’esposizione per lungo tempo a circostanze critiche, in cui si sperimenta il senso di “essere senza via d’uscita”, e quindi di “impotenza”.  Tale percezione di incapacità, affievolisce la volontà di affrontare o risolvere una situazione di difficoltà, generando gradualmente un processo di apatia, di ritiro e di inattività. Degli esperimenti hanno dimostrato che un animale sottoposto ripetutamente a una scossa elettrica (senza possibilità da parte sua di evitarla), una volta messo nelle condizioni di poter fuggire per evitare la scossa non lo fa. In poche parole, l’animale apprende che la situazione negativa è inevitabile e non dipende dal suo comportamento, per cui anche quando effettivamente può muoversi o saltare per fuggire non lo fa. Questo stesso principio vale anche per i cavalli. Inoltre, avendo sottoposto il cavallo ad un’enorme quantità di stress e ansia, mettendolo in uno stato di paura intensa si corre il rischio di fargli, involontariamente, temere altri aspetti della situazione. In altre parole, mentre si sta cercando di aiutare il cavallo a superare la paura dei sacchetti di plastica, gli si potrebbe insegnare a temere l’ambiente (il tondino) o la persona che lo ha condotto all’interno. Quindi la desensibilizzazione d’urto oltre ad essere PERICOLOSA in quanto il cavallo spaventato può ferirsi tentando di fuggire o, incapace di fuggire, può reagire e ferire le persone presenti è anche un metodo che non dà i risultati desiderati.

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Serena Cappello

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