Quando si parla di comportamento del cavallo, una delle prime domande che ogni cavaliere, istruttore o appassionato dovrebbe porsi è: quanto influisce la routine quotidiana sul modo in cui il cavallo apprende, reagisce e si muove sotto sella?
Nella diretta Instagram dedicata al generale Alexis L’Hotte, Massimo Basili e Alessandra Lavista hanno toccato un punto che merita attenzione: la routine non è sempre un vantaggio. Anzi, usata male, può diventare un ostacolo.
Ma perché parlarne oggi, nel 2025, citando un generale dell’Ottocento? Perché L’Hotte non si limitava a “montare bene i cavalli”: era un osservatore del loro comportamento, un maestro capace di analizzare come apprendono e reagiscono, anticipando in parte anche il concetto moderno di intelligenza equina.
Nel suo libro Questioni Equestri, L’Hotte scrive che la routine è:
“Il risultato di numerose ripetizioni di movimenti eseguiti sempre nello stesso ordine, che fa sì che il cavallo, avendone contratta l’abitudine, li esegua da solo, talvolta contro la volontà del cavaliere.”
Questa frase dice molto. La routine può facilitare l’apprendimento di base (per esempio, in cavalli scuola o nelle prime fasi di addestramento), ma se non viene gestita con attenzione, il cavallo smette di ascoltare. Anticipa. Reagisce “a memoria”. E qui cominciano i problemi.
Un cavallo che crede di sapere già cosa fare smette di comunicare con chi è in sella. E chi lo monta, spesso, non se ne accorge subito. L’apparente precisione dei movimenti copre in realtà una disconnessione tra cavallo e cavaliere.
Per i professionisti e gli istruttori, questo è un tema fondamentale. Un cavallo che anticipa i comandi non è un cavallo addestrato: è un cavallo programmato. E se un allievo impara su un cavallo del genere, rischia di acquisire automatismi senza sviluppare la vera sensibilità equestre.
Nella diretta, Alessandra Lavista racconta un aneddoto illuminante: cavalli di scuola che, durante lezioni ripetitive, iniziavano a galoppare da soli, sapendo che “era quello il momento”. Nessun ordine, nessun aiuto, solo abitudine. Non è forse un comportamento del cavallo modificato dalla routine? Certo. Ma non nel modo giusto.
La soluzione, secondo L’Hotte, è semplice da capire, meno da applicare: variare costantemente.
Cambiare l’ordine degli esercizi, non permettere mai al cavallo di prendere iniziativa, e soprattutto educarlo a rispondere agli aiuti, non al copione.
“Non alla routine, dunque, deve il cavallo obbedire, ma agli aiuti, il cui linguaggio sfumato egli può imparare a distinguere grazie alla memoria.”
Qui entra in gioco un punto cruciale per ogni addestratore: la memoria del cavallo è potente, ma va guidata con intelligenza. Un cavallo non è una macchina da programmare, ma un compagno sensibile che ricorda sfumature, sequenze, sensazioni.
A distanza di oltre un secolo, quello che L’Hotte scrive non è invecchiato.
In un’epoca in cui il tempo è poco e i metodi sono spesso standardizzati, è facile cadere nella tentazione della routine “comoda”. Ma ogni cavallo è diverso, e ogni comportamento è il risultato dell’educazione ricevuta.
Un cavallo che ascolta, che aspetta un segnale, che non anticipa, è un cavallo presente. E un cavaliere che lavora così, sviluppa vera competenza.
Che tu sia un principiante, un istruttore o un professionista, questo tema ti riguarda.
La routine non è solo una questione tecnica, ma educativa. È una scelta quotidiana che incide sul benessere, la disponibilità e la comunicazione con il cavallo.
Ecco perché se ne è parlato nella diretta dedicata al generale L’Hotte: per mostrare come la riflessione di un maestro dell’Ottocento possa ancora aiutare noi, oggi, a lavorare meglio con i cavalli.
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Si parla anche di trotto sollevato, dell’uso degli aiuti, della memoria del cavallo, e di come la storia dell’equitazione possa guidarci anche nel presente.
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