Caprilli l’uomo che s’adattava ai cavalli

 

 

La rivoluzione copernicana dell’ufficiale che diventò l’equitazione moderna

 

La colazione del Cambio, a Torino, si era risolta in una buca, quel 6 dicembre del 1907: la prevista dama non si era presentata. Rimase un mistero su quale essa fosse: una delle sue tante conquiste. Magari Cleo de Merode, l’amante ufficiale del re del Belgio, oppure Hélène de France, la duchessa d’Aosta, quella che chiamava Curtatone e Montanara il re Vittorio Emanuele III e la regina Elena, per l’altezza e l’origini, e della seconda in perfetto e perfido francese diceva “ma cousine la bergère”, mia cugina la pecora. O ancora Vittoria Lepanto, modella ciociara, che era una velina o letterina del tempo.

            La dama che si negò a Caprilli rimane una figura misteriosa: non se ne fece ma il nome. In fondo rimane un mistero anche la morte, un secolo fa, dell’uomo che inventò l’equitazione moderna: Federigo (alla toscana, con la “g”, essendo egli livornese) Caprilli. Aveva 39 anni. Il capitano la prese sportivamente: niente dama? Allora andrò a cavallo, si disse arrotolandosi i baffi neri. E con passo svelto s’incamminò verso la scuderia di Enea Gallina, un uomo di cavalli da quale Caprilli , appena sottotenente, scartato dalla cavalleria perché ritenuto di busto lungo e gamba corta e ripescato per la rinuncia di un altro concorrente al concorso, aveva acquistato Sfacciato, il suo primo cavallo.

            Anche Caprilli era sfacciato, con i cavalli e con le donne. Ed in entrambi i campi aveva i suoi successi. Delle seconde s’è accennato, ma il catalogo sarebbe lunghissimo, mormoravano ai tempi della belle époque. Quanto ai cavalli, beh basterà ricordare che con Melopo saltò il salto più alto del mondo per quei tempi: due metri e otto centimetri al concorso internazionale di Torino nel 1902, il giorno che aveva scommesso cinquecento lire con il tenente Ubertalli su chi dei due fosse riuscito a superare i due metri, che erano un muro.

            Due anni prima, alle strane olimpiadi di Parigi che durarono mesi e che videro i Giochi Equestri disputato in Place de Bréteuil, Caprilli aveva dato il suo apporto alla prima medaglia d’oro vinta da un italiano da quando De Coubertin aveva fatto rinascere l’antica manifestazione (Atene 1896). Caprilli non aveva avuto il permesso per l’espatrio dal suo comando militare ed allora si era fatto dare una licenza e clandestinamente si era recato a Parigi (sans papier si direbbe oggi) al seguito del conte Gian Giorgio Trissino, per preparargli il cavallo Oreste. Il binomio vinse l’oro nel salto in alto (un metro e 75) e l’argento in quello in lungo (cinque metri e 70).

            Caprilli aveva già rivoluzionato l’equitazione: era un concetto copernicano. Non era il cavallo che doveva adattarsi all’uomo, ma l’uomo al cavallo: era il vangelo dell’equitazione naturale. Basta con tutte quelle strattonate, lasciar andare l’animale e seguirlo nella sua parabola.

            Quel giorno di dicembre, dunque, Caprilli chiese una cavalcatura: gli dettero un morello, che non era piaciuto proprio alla duchessa d’Aosta. Caprilli lo fece insellare e salì in groppa: aprirono il cancello e uscì per le strade di Torino. Era l’ultima cavalcata della sua vita. Di lì a poco, il morello tornò a scuderia da solo, sudato e fumante. Caprilli giaceva riverso sui binari del tram e lì fu ritrovato: le sue ultime parole furono “fuoco, fuoco”, e qualcuno disse di aver udito degli spari. Era ferito alla nuca: all’alba del giorno dopo il più grande cavaliere italiano dell’epoca (i D’Inzeo non erano ancora nati) morì.

            Aveva lasciato precise disposizioni testamentarie: cremato, fu sepolto in terra sconsacrata. Il cavallo Pouf andò al fratello Vezio. La migliore eredità, il nuovo modo di montare a cavallo, la lasciò a chi la volesse. Anche al presidente Ronald Reagan, attore cowboy. A un pranzo ufficiale con il primo ministro Giovanni Spadolini che tanto parlò degli illustri italiani dal Rinascimento in poi, Reagan domandò: e che mi dice di Caprilli? Spadolini non disse niente pur essendo Castiglioncello assai prossima a Livorno.

            Alle Capannelle, dove domani si corre la più antica corsa di cavalli di Roma, il grande Steeple, Caprilli sarà ricordato presentando le molte iniziative che quel che resta dell’Arma di Cavalleria ha in programma per questo centenario.

Da “Il Messaggero” venerdì 26 gennaio 2007

 

 

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