La favola di Esopo sul cavallo trasformato in asino rivela una lezione attuale su rispetto, specializzazione e benessere animale.
Nutrire un cavallo d’orzo per prepararlo alla guerra, poi impiegarlo nel traino di carichi pesanti. Infine, al ritorno del conflitto, aspettarsi che corra come un tempo. È quello che accade nella favola di Esopo che ha per protagonista un cavallo… e un padrone un po’ sprovveduto.
«Vai a metterti nella fanteria», dice il cavallo, sfinito.
«Perché da cavallo mi hai trasformato in asino.»
Sembra solo una storiella antica, eppure parla chiaro anche oggi. E soprattutto, parla di cavalli, del loro impiego, della loro natura.
Una favola che parla di rispetto (e di specializzazione)
La favola di Esopo serve a ricordare una verità semplice: non tutti i cavalli sono uguali. Ogni animale ha caratteristiche proprie e, se vogliamo il meglio da lui, dobbiamo rispettarle.
Nel mondo antico – e oggi – esiste il cavallo da guerra, il cavallo da tiro, il cavallo da corsa, il cavallo da soma. Ogni tipo richiede un addestramento specifico, un’alimentazione adeguata, una gestione coerente. Non si può “convertire” un cavallo da parata in animale da fatica e poi pretendere che torni a combattere in prima linea.
Il cavallo ricorda. Il corpo cambia. L’adattamento ha dei limiti.
Cosa insegna davvero la favola di Esopo
Dietro il tono ironico e diretto della favola, si nasconde un messaggio profondo. È una critica alla mancanza di lungimiranza, all’idea che gli animali possano essere “riutilizzati” senza conseguenze, come oggetti. Ma anche una riflessione sul tempo, sull’allenamento, sul rispetto del ruolo per cui un cavallo è stato formato.
Nel mondo moderno, possiamo leggerla come un invito a:
- non snaturare l’identità di un cavallo
- non chiedere troppo, troppo in fretta
- riconoscere i limiti fisici e psicologici degli animali
Una lezione di etologia equina travestita da aneddoto.
Un cavallo non è una macchina
La favola di Esopo sul cavallo che diventa asino è attuale anche nell’allevamento equestre contemporaneo. Ancora oggi si vedono cavalli “riciclati” da una disciplina all’altra, a volte per convenienza, a volte per ignoranza. Non tutti possono (o devono) fare tutto.
Il benessere del cavallo passa anche dal riconoscere le sue attitudini, i suoi limiti, e soprattutto il suo passato.
Non basta cambiare sella per cambiare destino.
Morale (oggi):
Se chiedi a un cavallo ciò che non hai coltivato in lui, non sorprenderti se non può dartelo.
Fonte: Paul Vigneron, Il cavallo nell’antichità, SugarCo Edizioni, 1987, pp. 46-48
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