cavaliere

Cosa vuol dire essere cavaliere?

Intere generazioni sono state affascinate dalla mistica di essere un “cavaliere”: il più bel complimento che si possa ricevere. Ma cosa vuol dire?

“Cavaliere” è un termine abbastanza indefinito e di solito è un’affermazione generale che non viene mai discussa in dettaglio. Cosa significa, nel mondo strettamente equestre, essere un cavaliere?

Chi è un cavaliere oggi? Cosa significa essere un cavaliere? Pensaci.

Il cavaliere è una persona tecnicamente abile a cavallo? Oppure è colui che sa avviare i puledri? Magari ha anche delle conoscenze di anatomia e biomeccanica e sa inchiodare un ferro? Forse è un esperto nella gestione dei cavalli e ha la capacità di allenarli fino a portarli ai massimi livelli?

Oppure un cavaliere è qualcuno che ha il pieno controllo delle proprie emozioni e comprende la mente di un cavallo? Forse un cavaliere abbraccia tutte queste qualità dentro di sé. Forse nessuna.

La prima definizione di cavaliere si trova in Senofonte. L’autore greco definì “cavaliere” colui che aveva una certa abilità nell’acquistare i suoi cavalli e renderli animali forti e utili. Era in grado di gestirli adeguatamente, non solo nell’addestramento per la guerra, ma negli esercizi per uno spettacolo. Era in grado di rendere ogni cavallo di gran lunga più prezioso di quando lo aveva acquistato.

Questa descrizione era nobile e coraggiosa per l’epoca. Ma con l’evoluzione della comprensione dei cavalli e del loro benessere, si è evoluta anche la definizione di cavaliere. Oggi, in generale, cavaliere è colui che è in grado di conoscere i cavalli, di addestrarli, di studiarne l’anatomia, di osservarne il comportamento e di comprenderne il carattere. È un interprete in grado di leggere le condizioni fisiche e gli stati emotivi di ogni soggetto, di intuirne bisogni e desideri e di sviluppare un programma di lavoro graduale nel rispetto della natura e delle caratteristiche dell’esemplare specifico.

Ma il mondo dell’equitazione, soprattutto nei giovani, coltiva tutte queste qualità? Riformuliamo ancora una volta la domanda: Cosa significa veramente essere un cavaliere?

Il cavaliere è colui che sì, è interessato a imparare a leggere lo stato emotivo del cavallo ma poi, in pratica, mette i suoi interessi al primo posto?

Pensiamoci. Se vivi in una città, hai un lavoro impegnativo e il tuo cavallo è a 30 km, la frequentazione è di fatto limitata. Andare a cavallo solo il fine settimana potrebbe essere una bella cosa per te, ma probabilmente non per il cavallo che non sarà abbastanza in forma per intraprendere qualsiasi attività sia che si tratti di una lezione o di una passeggiata. Questo a livello amatoriale.

Pensiamo agli agonisti. Se l’obiettivo principale è vincere e in prossimità del concorso il cavallo ha un calo di prestazione ciò sarà considerato, forse anche inconsciamente, come un ostacolo all’obiettivo. Quindi spesso si intraprende un programma di allenamento più duro. Il vero cavaliere sa che un cavallo, come le persone, non può essere perfetto ogni giorno.

Mettere il bisogno umano prima del bisogno del cavallo non è equitazione. Pensare a come si sente il cavallo e considerare come i tuoi desideri e le tue motivazioni influenzano la sua vita – ecco cosa significa essere un cavaliere.

“Cavaliere” vuol dire mettere al primo posto il benessere del cavallo, significa impegnarsi a fare il meglio per quel cavallo. È un essere vivente ed è un animale molto sensibile. Quindi, per citare in parte una frase di Massimo Pierini, occorre lasciare il proprio ego fuori dagli stivali.

A volte i cavalieri, anche inconsapevolmente, trascurano i sentimenti del loro cavallo e si concentrano solo sulla correttezza delle manovre e della tecnica. È una condizione importante per essere cavaliere ma non è sufficiente.

Foto di Kateřina Hartlová da Pixabay


Dai cavalli ho imparato l’umiltà e la lealtà, dagli uomini l’arroganza e la menzogna…

 

Un dono da ogni cavallo
di Massimo Pierini


“Un dono da ogni cavallo” è un libro pubblicato nel 2018 che parla di cavalli e di uomini. Racconta la storia di un ragazzo che cresce in una valle sperduta e impara a coniugare gli insegnamenti del passato con la sua esperienza personale e le esperienze più moderne in campo etologico e addestrativo.
Il testo si compone di tre storie. Nei suoi anni di “vita letteraria”, il libro ha “donato” ai suoi lettori molto più che belle storie e buoni sentimenti. Ogni recensione, ogni feedback ricevuto rivela una personale interpretazione del testo, emozioni diverse, ricordi diversi.
Per Maria Cristina Magri di “Cavallo Magazine”, Massimo con il suo libro ha messo in luce «l’aspetto poco illuminato» del lavoro e dei sentimenti dell’addestratore che per mesi e mesi lavora con un cavallo per risolvere problemi difficili, instaura con lui un legame stretto come un nodo «e poi arriva qualcuno che prende il cavallo, lo carica su un van», se lo porta via e con molta probabilità non lo incontrerà mai più.

 

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